"Numero Zero" della nuova rubrica "Perche' il Tennis?"

Inserito il 23 luglio 2006 00:40 da Redazione in Editoriali
Innauguriamo una nuova rubrica per il nostro portale, a cura di Alessandro Nizegorodcew, dottore in comunicazione, che ha lavorato in Rai e Rtl, collabora con le riviste Univercity e L'isola, lavora a Nuova Spazio Radio, e soprattutto e' un grande appassionato ed esperto di tennis.

Martedi sera mi trovo a casa di una amica per una festa di compleanno. Insalata di riso, patatine e qualche panino, accompagnati ovviamente da un buon, sano, vino rosso. La serata prosegue piacevole tra due risate e un brindisi, tra una fetta di torta e piccoli tramezzini col salame, tra un discorso semi-serio con Lori e un altro ancora meno serio con Andrea; quando ad un tratto, saranno state le undici e mezzo, mi accorgo che mi manca qualcosa; mi accorgo che la giornata non è completa; che c’è qualcosa che devo fare. Rifletto, mentre intorno a me la gente balla “My sharona” degli Knacks. Non sono tranquillo, ma ancora non capisco di cosa si tratta.
Poi, d’un tratto, l’illuminazione: sono uscito presto di casa per fare il regalo alla mia amica e c’erano ancora delle partite importanti da giocare. Volandri gioca il suo primo incontro a Stoccarda contro Junqueira; penso che Filo deve vincere, perché è un momento troppo negativo, perché non può andare avanti così, perché, fondamentalmente, non è possibile che non vinca più un incontro. Penso che Stoppini si è qualificato ad Indianapolis e con Carlesn non parte battutto. Penso che Daniele Giorgini, di cui sono grande estimatore, ha un primo turno da vincere a Rimini.
Mi guardo intorno e vedo un computer spento, ma non mi sembra il caso di scomodare la padrona di casa che sta ballando ubriaca un pezzo dei Modena City Ramblers.

La soluzione è nelle mie mani: richiesta di aiuto Tennisteen.

Impugno il cellulare e mando un messaggio al mio primo referente, che però non risponde, come fa di solito, dopo 23 secondi; capisco quindi che è impossibilitato (dorme?). Per fortuna le risorse non sono finite e al secondo tentativo faccio centro, anche se a posteriori avrei preferito non avere risposta.
Il mio telefono emette un timido suono, “Nuovo messaggio ricevuto”. Con una certa trepidazione leggo: “Perso tutti e tre purtroppo”
Non nascondo una fortissima delusione che mi si legge anche sul viso. Due amiche mi guardano seduto per terra col cellulare e mi chiedono “è successo qualcosa?”. Rispondo ovviamente di no, ma la verità è un’altra. Perché ero uscito di casa sperando in quelle vittorie; perché le volevo; perché ne avevo bisogno; perché uno che crede fortemente nella risalita del tennis italiano ha bisogno giornalmente di conferme; perché uno che spera ancora nell’esplosione di Massimo Dell’Acqua ha bisogno di piccole gioie momentanee, nonché, forse, di un bravo medico. La verità è che per qualche minuto l’euforia della festa è scomparsa, lasciando spazio ad un sommesso velo di tristezza, perché per me, come per molti di voi, il tennis rappresenta la cosa più importante delle cose futili.

Mi è stato chiesto di aprire una rubrica sul Portale di Tennisteen e nonostante lavoro e studio mi impegnino 23 ore su 24, non ho saputo dire di no al tennis. Mi sono chiesto il perché di questa risposta immediata, di questo mio acconsentire senza alcuna riflessione; e allora mi sono chiesto “perché il tennis?” In queste pagine che, grazie alla “dirigenza” del portale, gestirò nei prossimi mesi, spero, di volta in volta, di provare a rispondere. Proverò a rispondere a perché quando mi alzo la mattina la prima cosa che guardo è il risultato di Ghedin in Irlanda, piuttosto che di D’Agord nelle qualificazioni di chissà quale future americano. Proverò a spiegare che tipo di emozione è seguire, dal vivo un incontro di un giovane azzurro in compagnia di ragazzi che vivono questo sport e questo tifo in maniera uguale alla mia. Proverò a spiegare che genere di sensazioni può dare una vittoria insperata così come una sconfitta inattesa. Proverò, magari con il vostro aiuto, a spiegarvi e a spiegarmi, come è nata una tale passione e del perché, essendo un tifo di elitè (nel senso che siamo pochi, non migliori, evidentemente), completamente diverso dal tifoso di calcio, seppur simile in alcune sfaccettature.

Alessandro Nizegorodcew


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