Intervista a Riccardo Ghedin

Inserito il 8 settembre 2006 03:28 da Redazione in Editoriali
Terzo appuntamento con la rubrica "Perchè il Tennis": Alessandro Nizegorodcew ha avvicinato Riccardo Ghedin.

Il tennis non è uno sport per tutti. Il tennis è uno sport individuale, solitario, ricco di sacrifici. Così come può essere ricco di emozioni e soddisfazioni. Ci sono persone portate per questo genere di stress; ci sono persone che viaggiano una settimana dopo l’altra in giro per il mondo.. per inseguire un sogno..oggi abbiamo incontrato uno di loro, si chiama Riccardo Ghedin


Riccardo è un ragazzo del 1985..


La sua è una storia particolare..


Il suo sogno è iniziato tardi, ma sembra crescere ogni giorno di più..


Ho cominciato a giocare tardi, a 12 anni. In genere in questo sport si inizia al più tardi a 7-8 anni. Il problema qual è stato? Mia madre aveva provato a farmi giocare da piccolo, ma questo sport non mi piaceva. Io il tennis lo odiavo. Volevo fare il calciatore come mio padre (ex giocatore della Lazio, n.d.a.). Il problema è che stavo fisso in panchina ed è difficile per un bambino di 6/7 anni non entrare mai in campo; volevo correre dietro al pallone, fare scatti su scatti; e poi, sinceramente, lo scontro fisico non mi piaceva. L’avvenimento che ha fatto girare la mi vita verso il tennis è stato quando, a 12 anni, sono andato in vacanza con i miei a San Nicola; lì ho conosciuto un ragazzo che mi ha chiesto di giocare a tennis. Lui giocava da 5 anni, mentre io non avevo mai toccato una racchetta!


Riccardo non conosce le regole, non ha idea di come funzioni il punteggio. Sta di fatto che perde, ma solo per 7-6.

Ho pensato: vuoi vedere che ho talento in questo sport..perché non provare?


Quel ragazzino dodicenne non vuole rinunciare al calcio ma vuole insistentemente giocare a tennis, tanto che prova a fare entrambe le cose. Ma è insostenibile e la madre lo convince ad optare per uno dei due: sarà ovviamente il tennis. Comincia ad allenarsi due volte a settimana all’hotel Hilton di Roma (dove alloggiano i tennisti durante gli internazionali d’Italia, n.d.a.). “Mi allenavo due volte a settimana per un’ora più la parte atletica, ma io volevo la competizione..volevo sentire il cuore battere forte

Riccardo si trasferisce al circolo Panda per poche settimane prima di trasferirsi alla Corte dei Conti, dove viene seguito da Raoul Pietrangeli (Panda e Corte dei Conti sono due circoli affiliati di Roma), n.d.a.. Alla Corte dei Conti Ghedin passa da zero ranking a 2.8 e si allena spesso in un campo praticamente senza out, il campo 7, dove, tra le righe di fondo e la rete che circonda il campo, c’è circa mezzo metro, se non meno. “Era ottimo per il mio tipo di gioco. Sono un giocatore di anticipo, il mio miglior colpo è il rovescio a due mani, ma anche servizo e volè sono buoni. In alcuni casi gioco il serve and volley sulla prima palla, soprattutto se gli avversari non hanno una grande risposta.”


Ma Riccardo non si accontenta e decide di cambiare ancora e il suo coach diviene, dopo una lunga ricerca, Michele Tellini (attuale allenatore di Riccardo, che viene seguito nei tornei da Fabrizio Falciani). Dopo un’esperienza non positiva a Perugia, all’Accademia di Castellani, i tre finiscono all’Empire (altro circolo della capitale, n.d.a), circolo nel quale Ghedin si allenerà questo inverno.


Tellini crede molto in Riccardo ed iniziano a viaggiare ala ricerca del primo punto Atp, per poter entrare regolarmente nei tabelloni di qualificazione dei futures. Il primo punto però tarda ad arrivare.

Il mio primo anno da professionista è stato il 2005. Non riuscivo a prendere il primo punto. Superavo spesso le qualificazioni battendo tennisti intorno alla posizione 700/800 del ranking mondiale, ma una volta entrato nel tabellone principale, causa lo stress, mi prendeva al panico e perdevo sempre. Il primo punto è fondamentale, tanto che alcuni se lo comprano! (e lo sappiamo bene! n.d.a.). Grazie ai miei allenatori, dopo vari tentativi, sono riuscito a prendere il primo punto: incredibilmente in Ecuador e sulla terra! Io che sono da veloce! Il primo punto è stato senz’altro il punto più bello! Da lì mi sono sbloccato e dopo un mese e mezzo ero 780! E sul veloce da allora non ho mai perso al primo turno!


Arrivano quarti, semifinali e finali a livello futures e arriva anche la vittoria più bella, quella su Mackin in Inghilterra in una semifinale di un 15.000$

Non me l’aspettavo. Perdevo 61 1-0 con break. Lui giocava solo vincenti e io non ci stavo capendo assolutamente niente. Poi è cambiato qualcosa; ho cominciato ad incitarmi con alcuni “Come on” o “Forza” e grazie a qualche bel passante l’ho brekkato due volte di seguito salendo 4-1. Da lì il match è cambiato: lui non tirava più tutti quei vincenti, che invece iniziavo a tirare io!


Riccardo Ghedin è un ragazzo serio, un professionista vero..un ragazzo che ci crede davvero, umile, ma consapevole dei propri mezzi, delle proprie potenzialità. Un tennista sempre pronto a migliorarsi per salire in classifica.

Il colpo che devo migliorare è certamente il diritto. Molti giocatori che mi conoscono mi giocano spesso e volentieri sul diritto. Prima era un problema, ma adesso sono consapevole che mi stanno solo allenando. E allora mi giocassero sempre sul diritto, io miglioro ogni giorno di più. So che il percorso è durissimo, ma io ho 20 anni e solo 8 di tennis alle spalle; quindi perché non crederci. Ora sono 450 del mondo e anche se dovessi perdere tutte le partite di qui a dicembre, scenderei al massimo a 510. Quindi ho deciso di rischiare: proverò a giocare molti challenger e anche le quali nell’Atp di Vienna.”


In questa rubrica il tema dominante è scoprire cosa sia il tennis per ognuno di noi, per ogni tifoso, allenatore, giocatore; è scoprire cosa, dentro noi stessi, ci fa emozionare per un rovescio lungolinea vincente o per una volè smorzata..


Riccardo ha una sua idea ben chiara sul perché il tennis è la sua vita e sul perché non la scambierebbe con niente altro al mondo..


Le emozioni che ti da questo sport sono uniche..è uno sport singolo: giochi bene e vinci, giochi male e perdi. E’ uno stress diverso da tutti gli altri sport. Il pre-partita, la tattica con il coach, il riscaldamento..Io in questo sport ho trovato emozioni indescrivibili, ma che non ho bisogno di descrivere, perché le sento mie. Se senti che queste emozioni possono continuare a darti qualcosa di importante, devi proseguire su quella strada, senza esitazioni. Io sento vivissime tutte le emozioni del campo..la paura, lo stress, quel buco allo stomaco..finchè hai tutto questo vuol dire che il percorso è quello giusto. La sensazione di paura che hai in campo, consapevole che il tuo avversario prova il medesimo sentimento, è una cosa unica. Per questo gioco a tennis, per tutto questo..”


di Alessandro Nizegorodcew





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