La preparazione invernale degli azzurri. Quali obiettivi? (parte seconda)

Inserito il 18 dicembre 2007 16:04 da Redazione editoriale in Editoriali
Quando mancano ormai pochi giorni alla ripresa agonistica, riprendiamo il nostro discorso sulla preparazione invernale dei nostri azzurri di punta e sugli obiettivi che, a parere di chi scrive, dovrebbero guidare il lavoro. Dopo aver parlato di Starace e Volandri, oggi tratteremo dei nostri “giovani leoni”, Andreas Seppi, 23 anni, Simone Bolelli, 22 anni, e Fabio Fognini, 20 anni.

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Iniziamo dall’altoatesino. Andreas nella seconda parte della scorsa stagione è riuscito finalmente ad uscire da un lungo periodo di appannamento, durato oltre un anno, che lo aveva anche portato fuori dai top 100. Ora sappiamo che il calo di rendimento di Seppi è dipeso dalla necessità di effettuare un lungo e complesso lavoro di sviluppo atletico e tecnico. Quando, nel gennaio del 2006, Andy arrivò in prossimità della 50° posizione, aveva sorpreso un po’ tutti, compreso il suo tecnico Sartori. Quel Seppi aveva due buoni fondamentali, una discreta prima di servizio, un’ottima mobilità e una buona continuità sul ritmo dello scambio. Ma per competere ad alti livelli, il suo tennis non era abbastanza potente, non era abbastanza vario, ed era troppo essenziale e monocorde. Per fare meglio, occorreva continuare a lavorare. Ed è quello che è avvenuto, anche se per più di un anno Andy ha esposto sul suo gioco la scritta “lavori in corso”: la necessità di svolgere un pesante programma di potenziamento fisico, da effettuare con la dovuta gradualità per non pregiudicare le ottime doti di mobilità e reattività, aveva portato ad un certo punto l’altoatesino a perdere coordinazione e fiducia nel fondamentale del diritto; la necessità di apportare alcune modifiche agli schemi di gioco, in modo da renderli meno prevedibili (uso della palla corta, del back di rovescio, qualche cambio di ritmo, maggiore verticalizzazione del gioco, miglioramento della voleé) aveva originato, per un certo periodo, una grande confusione tattica in Seppi, che, come spesso capita in tali casi, tendeva a fare la cosa sbagliata al momento sbagliato. Piano piano, i diversi pezzi del puzzle si sono venuti ricomponendo, e l’Andreas visto a tratti nei tornei sulla terra in altura e nel finale di stagione indoor ha mostrato dei picchi di rendimento davvero molto alti. Cosa manca ora? A mio avviso due cose. Il primo aspetto da migliorare è la seconda palla di servizio. Andreas ha fatto grossi progressi in questo fondamentale nella seconda parte dell’anno, ma ad uno con il suo fisico (1,90) è lecito chiedere di più: il suo gesto di servizio risente di una certa rigidità del polso, che gli rende difficile imprimere alla palla un kick davvero competitivo. Si può fare meglio. Il secondo, e più importante aspetto, è difficile da ottenere nella preparazione invernale. Riguarda l’aspetto della continuità di rendimento. Se Andreas riuscirà ad esprimere per una decina di tornei il livello tennis che ci ha mostrato a Vienna e a Parigi, potrà davvero farci sognare.

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E veniamo ora a Bolelli. Il talento di Budrio ha avuto una annata a mio avviso positiva, nonostante il brutto infortunio subito al Roland Garros, che che gli ha praticamente fatto perdere tutta l’estate. Simone ha vinto poco negli Atp, ma ha guadagnato 60 posizioni nel ranking e, all’esordio negli Slam, ha fatto secondo turno in 3 prove su 4, su 3 superfici diverse. Sotto il profilo squisitamente tecnico, Bolelli è probabilmente il migliore dei nostri, i tre fondamentali sono eccellenti (oltre ai celebrati servizio e diritto, quest’anno ha migliorato tantissimo il rovescio, grazie anche alla nuova racchetta), a rete ha un’ottima mano, sa giocare la palla corta (anche se la usa troppo poco). Ma il bolognese ha ancora enormi margini di miglioramento. In primo luogo, nella reattività in risposta, che va allenata duramente e costantemente. Inoltre, può crescere ancora tantissimo sotto l’aspetto fisico e, una volta che avrà acquistato maggiore rapidità negli spostamenti, potrà anche imparare a rendere il suo gioco più vario e completo sotto l’aspetto tattico. Simone in una recente intervista ha dichiarato che tra l’US Open e Bratislava ha iniziato, con il suo preparatore Regalzi, un duro lavoro atletico, i cui primi frutti si sono visti nel challenger di Bratislava. In quella circostanza Simone, osservato in streaming, ha mostrato, grazie alla migliore rapidità, una maggiore confidenza nel seguire finalmente a rete le accelerazioni (a mio avviso nemmeno lui è pienamente consapevole di quanto può giocare bene al volo) e una maggiore disposizione a guadagnarsi il punto lottando in difesa. Inoltre, ha mostrato una costante attitudine ad aggredire la seconda palla avversaria, cercando di “entrare” subito con la risposta, specie di rovescio. E’ inutile dire che occorre proseguire su questa strada. Durante la pausa, il Bole ha effettuato due settimane di puro lavoro atletico, senza nemmeno prendere in mano la racchetta. Le premesse per fare bene sembrano esserci. Con una maggiore mobilità, Simone sarebbe anche meno costretto a rischiare sempre al massimo i colpi, nell’ansia di comandare lo scambio per non dover correre e, soprattutto sulla terra, potrebbe selezionare con maggiore attenzione la palla giusta su cui accelerare, variando con più efficacia il gioco. Simone è un ragazzo serio, molto calmo, non esterna molto in campo e per questo viene accusato di avere poca grinta. Ma chi lo conosce sa che non è affatto vero, e la sua determinazione nel lavoro lo conferma.

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Dulcis in fundo, ci occupiamo dell’ultimo arrivato, il giovanissimo Fabio Fognini, che dopo un 2006 difficile ha avuto una annata (in particolare da maggio in poi) davvero positiva, con l’ingresso nei 100 e un progresso in classifica di ben 155 posizioni. Fabio, data la giovane età, e la ferrea motivazione al lavoro che lo contraddistingue, può ancora incidere moltissimo sul suo gioco. Fabio nel 2008 sarà chiamato a nuove sfide importanti: dovrà confrontarsi quasi esclusivamente a livello Atp, e dovrà giocare molto di più sul veloce. Vediamo i tre aspetti su cui lavorare.
Il primo, di natura strettamente tecnica, riguarda il miglioramento del servizio in kick. Fabio si è costruito una prima palla molto efficace, tirata in slice da destra o più spesso piatta, sia al centro, sia in fuori da sinistra. E’ chiaro che servendo così da un’altezza di 1,77 (la statura di Fabio) la percentuale di prime in campo non può essere elevatissima, e si finisce per soffrire oltre il dovuto sulla seconda. Imparare a servire un kick efficace consentirebbe a Fabio di cogliere 4 obiettivi importantissimi: variare maggiormente la battuta, poter tentare con maggiore frequenza il serve & volley per sorprendere l’avversario, alzare la percentuale di prime (servendo in kick, si imprime alla palla una traiettoria curva, e si ha una probabilità più elevata di mettere in campo il servizio che non tirando una botta piatta), e infine migliorare la robustezza e la sicurezza della seconda palla, che è attualmente il punto più debole del repertorio tecnico di Fabio.
La seconda area di miglioramento è di natura fisica: Fabio è molto veloce, reattivo e resistente, ma non molto potente, per gli standard del tennis di oggi. Va quindi proseguito il lavoro di potenziamento muscolare che Fabio sta svolgendo ormai da anni. Sulla terra, infatti, la sua palla non è ancora sufficientemente pesante per lottare alla pari con i migliori specialisti, e questo spesso lo costringe ad assumere un atteggiamento troppo difensivo, con un dispendio enorme di energie fisiche e nervose. Molti passi avanti sono stati fatti, negli ultimi due anni, ma c’è ancora un po’ di margine.
La terza area di miglioramento è a mio avviso di natura mentale: spesso Fabio in partita, preso dall’ansia del risultato, utilizza solo in parte le sue buone doti di tocco, e non varia abbastanza il gioco, intestardendosi in gare di corsa e non prendendo iniziative (tipo giocare uno schema palla-corta lob liftato, tentare un attacco in controtempo) per paura di sbagliare Questo lo porta ad avere un atteggiamento a volte troppo remissivo. Se nei challenger sulla terra questa mancanza di aggressività può a volte non essere troppo penalizzante, a livello Atp, e in particolare sul veloce, è un atteggiamento sicuramente perdente, che Fabio non potrà permettersi. Il recente ingresso, nei primi 100 del mondo, l’abitudine a confrontarsi con i migliori, gli dovrebbero portare una maggiore convinzione nei propri mezzi, e insieme il coraggio di tentare anche soluzioni più difficili, rendendo meno prevedibile il suo gioco. Ce lo auguriamo.

Chiudo con un mio personale pronostico. Tutti e 3 i nostri giovani azzurri continueranno a progredire anche nel 2008.

Roberto Commentucci

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